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      Era così misoneico, che non andò a vedere lo zio Beccaria morente, in ferrovia, perchè quella allora era una novità. Già a 22 anni scriveva (Epist. I, 72) del ribrezzo che gli metteva addosso il vedere nuove facce; anche Stampa afferma, che il solo vedere una persona nuova lo metteva sempre di malumore; e che estendeva il misoneismo ai bicchieri, alle scatole del tabacco, alle cravatte, le cui forme non mutò mai, come la madre sua non mutò mai le mode che avea portate nella giovinezza.
     
      Paure. - Egli, poi, fondeva il misoneismo alla panofobia: aveva paura di tutto, delle strade ferrate, del colera, del dentista; provava vero spavento a visitare un paese straniero.
     
      Paradossi. - È strano ch'egli, così equilibrato in ogni suo lavoro, si piacesse così spesso (Cantù, op. cit.) di quei paradossi, ove (le son frasi Manzoniane): la salsa è tutto; e non solo in letteratura, anzi più spesso ancora che in letteratura, in politica, e in economia, come quando voleva che si lodasse l'architetto Mengoni per le difficoltà vinte nel costrurre la Biblioteca Ambrosiana sopra area limitata e disuguale, e poi suggeriva di... demolirla. Alcuni eran geniali come: quando proponeva smetter gli ambasciadori, essendo divenuti ora inutili: e come quando affermava - esservi mancanze, le quali, lungi dal far perdere a un autore il titolo di galantuomo, gli acquistano spesso quello di benemerito" - e che: - "l'accusa di plagio è stata fatta sempre agli scrittori che hanno detto il più di cose nuove" - e che: - "la rappresentazione delle passioni che non eccitano simpatia, ma riflessione sentita, è più poetica d'ogni altra".


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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