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      La pazzia di Cardano è più che precoce, ereditaria, e infatti l'eredità morbosa è spiccatissima in tutta la sua famiglia.
      Suo padre, matematico, balbuziente, con occhi da albino; ferito nel capo più volte da giovine; era di una strana vanità ed incoerenza, che manifestava anche in pubblico con bizzarro andazzo, con vestimenta scarlatte, con discorsi fuor di luogo, ecc.; egli credeva all'esistenza d'un genio a lui solo proprio, e precisamente della stessa natura di quello che pretese avere il figlio fino al 59° anno, il quale poi gli rivelava i rimedi nel sonno, come nell'epoca terribile della peste, e dai cui consigli si allontanava solo per comporre quei mistici farmachi, di cui sembra non essersi trovato scontento nemmeno il nostro Cardano.
      In fatto, nel libro De subtilitate, parlando delle rivelazioni ipnotiche, Cardano aggiunge: "Sed haec nostrae gentis propria sunt atque ab utroque parente haereditario jure accepta".
      Quando il nostro Cardano era moribondo di dissenteria, il padre "B. Hyeronimi vim experiri potius voluit, quam a Daemone, quem palam familiarem habere profitebatur (De Vita).
      Nè qui finisce l'eredità morbosa. Cardano stesso ebbe un figliolo, che somigliava in ogni tratto l'avolo suo: ugual portamento, uguale temperamento, uguale fisonomia ed ingegno; nottiveggente, sordo d'un orecchio com'egli, per di più rachitico, coi piedi sindattili, che è uno dei segni più spiccati della degenerazione; orbene, la sua pazzia lo condusse al veneficio della moglie, al patibolo.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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