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      Ed ecco che, fuori d'ogni mia aspettazione (et ecce quod supra fidem omnem est), ogni cosa che spettava al figlio svaniva dalla memoria; così allora che di nuovo ricaddi nel sonno, come per tutto un anno e mezzo da poi; e solo quando, mangiando, o professando in pubblico, non poteva tenere la gemma alla bocca, io ritornava in braccio al primo dolore."
      Questo sogno accenna ad alcune leggi non poco notevoli per la storia psichiatrica.
      È evidente in questo racconto quella legge che, facendo del sogno l'espressione più esagerata del desiderio, serve come di valvola di sicurezza, per cui passioni troppo eccitate possano rimettere della loro violenza fatale, e porre, direi, per qualche tempo in equilibrio la macchina scomposta. Che se la causa impellente perduri, e le forze dell'individuo non bastino alla reazione, allora la valvola non si chiude più; ed abbiamo quelle forme di pazzia sì comuni, che sono al sogno nel rapporto di un morbo cronico ad un morbo acutissimo.
      Ma è curioso il processo d'autosuggestione che segue qui la natura per conseguire codesto scopo. Si direbbe che i fenomeni vengano eseguiti dall'individuo a sua insaputa, come per altrui comando. Sembra che la volontà, tesa dal desiderio e dalla passione ad un dominio violento, acceleri tanto in questi casi la serie dei movimenti della memoria, da non lasciare campo all'attenzione, di esaminarne li edotti e l'origine, per cui l'uomo non s'accorge che il sogno e l'allucinazione non furono che una fattura rapidissima della memoria sua per opera di una volontà, che quasi precedeva il desiderio.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187