Pagina (90/187)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il selvaggio, non potendo con i propri sensi nè con le sensazioni abituali spiegarsi i fenomeni naturali e quelli dell'anima umana, li attribuisce ad enti esteriori, a Genj; darà un Dio alla pioggia, allo starnuto, come al fascino delle grazie, e alle strette della paura, modellando alla meglio nella sua meschina relatività le nuove sulle vecchie impressioni; ei commette così un errore simile a quello del dotto che crea l'archeo, il fluido nerveo e la forza vitale.
      Ma quando un uomo studia sè stesso in epoca in cui la credenza ai Geni è scomparsa, non solo attribuisce ad un Genio quell'eretismo nervoso che gli precipita il formarsi de' suoi concetti, ma perfino il muoversi del letto, lo scrosciare del tavolo, il tremolìo della penna, non può essere che un allucinato.
      Ed una prova egli stesso singolarissima ne fornisce nel libro De Varietate, scrivendo, certo in un momento lucido: "Ego certe nullum demonem aut Genium habeo, sed mihi pro bono Genio data ratio", pochi capitoli dopo aver descritto e particolarmente la natura del Genio addetto a lui e a suo padre.
      Così pure la credenza al pronostico dei sogni nata dall'ignoranza completa dei rapporti della natura con l'uomo, dal desiderio d'allargare il limitato presente, è una delle più radicate ed universali delle tante che deturparono fino dalla culla la specie nostra; essa era in voga certamente anche nella plebe del secolo di Cardano; troppo lo confermano i suoi biografi contemporanei, che lo chiamano pazzo perciò solo "nec video quam aliud existimetur, (dice), p. e. Naudeo Praef.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





Genj Dio Geni Genio De Varietate Genium Genio Genio Cardano Praef