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      Si professa adoratore della verità e afferma ad essa sola dovuto tutto il culto dell'anima e della mente; ma si lascia andare volentieri all'adulazione; e si direbbe persino che gli piaccia adulare sè medesimo, presentandosi ai posteri interessante, reverendo ed ammirabile per la magnificata nobiltà degli affetti e per l'ostentazione dell'austera virtù. Disprezza le donne e inveisce contro di loro sul tenore dei più arcigni misogini del medio-evo; ma, giovine, ne cerca le grazie; vecchio, ne gradisce la compagnia, e giovine e vecchio le canta con insuperata squisitezza di sentimentalità. Si dà gran faccenda per ottenere la laurea poetica e poi la predica una vanità; condanna l'amore della gloria e se ne strugge per tutta la vita. (Finzi, o. c.).
      Dopo che ha lavorato a martello con lungo amore d'artista le sue liriche più belle, egli le condanna come opera risibile e riprovevole, e apparentemente se ne vergogna; ma non per questo le distrugge; anzi con carezzevole e pertinace sollecitudine fin presso ai sessant'anni seguita a pur correggerle e perfezionarle. Innalza al cielo i suoi Colonnesi e poi, come appare Cola di Rienzo, piglia tale una caldana patriottica, da gridar quasi il crucifige contro i magnificati benefattori d'un tempo. In prosa e in verso si lasciò andare a facili rampogne contro i tiranni; ma alle prime blandizie mutava tono e si profondeva in adulazioni, che oltrepassavano certamente i termini di quella relativa necessità che le circostanze potevano portare.
      Certamente anche la sua professione d'infelicità sente dell'esagerato.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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