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      Forse neanche alla figliuola Francesca, che almeno dal 1353 in poi egli tenne a convivere seco e che poi accasò con un amico, fu benevolo, se il marito, affettuoso, nell'epitaffio che le fece scolpire sulla tomba, e che tuttavia si legge nei chiostri inferiori del duomo di Treviso, dove essa morì, potè alludere, con un riserbo che pur non dissimula interamente l'amarezza, all'equivoca sua nascita e alle poche consolazioni della sua esistenza.
      Non so, vi dichiara ella stessa, se io fui più fedele al marito, o sottomessa al padre, o ignara di esterna felicità. In vario modo la mia sorte mi perseguitò negli anni giovanili; qui è per me quiete duratura, qui certa domus...".
     
      Epilessia psichica. - Il Finzi non trova prova chiara dell'epilessia psichica, ma io ne vedo nella sua stessa monografia. Cacciatosi dentro alla storia romana, che designava di scrivere, almeno da Romolo a Tito, gli si ravvivò nell'animo l'antica predilezione per Scipione Africano, a tale che narra egli stesso come il venerdì santo del '39, passeggiando a sollazzo per i monti, concepisse l'idea di un poema per celebrarne le gesta. E ci si mise con tanto ardore e con sì ostinata intensità d'applicazione da trovarsi presto rifinito dalla fatica; la qual cosa vedendo il suo amico vescovo di Cavaillon, si fece promettere da lui che avrebbe aderito a un suo desiderio. Egli promise, e l'altro: "Dammi le chiavi del tuo armadio". Il Petrarca, un po' sorpreso, le dette, e il vescovo, raccattati libri e carte e quanto serviva a scrivere, rinchiuse tutto nell'armadio, dicendo: "Ti do dieci giorni di vacanza, durante i quali mi devi promettere di non leggere nè scrivere". E se n'andò. Il poeta da quell'ozio forzato ebbe men riposo che pena.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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