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      In una lettera posteriore infatti egli consente anche a recarsi dal Sovrano; ma l'ira scoppia ed erompe dalla sua lettera, sfogandosi in bestemmie per la costrizione che sopra sè stesso deve esercitare. "Io spero di finire il mio san Giovanni fra breve tempo; consigliami se lo debbo presentare al Sovrano. Un senso segreto e voce di potente natura mi fa arrossire al pensarne; pure il bisogno e la speranza mi strascinerebbero, Dio infame! a chiedere a un uomo.... Pure chiederei; ma credimi, l'evento non sarà che il mio avvilimento." La lotta contro le avversità, il contrasto fra l'orgoglio intimo che pretenderebbe gl'inchini dei sovrani, e la realtà della vita che ai sovrani lo costringe ad inchinarsi, induce in lui l'odio della vita e l'amore al suicidio, che pare comune all'intera famiglia, sia nel ramo degli ascendenti diretti (padre e nonno lipemaniaci) sia nei rami collaterali dei consanguinei, in uno dei quali, Pietro, assume le forme di una vera e propria monomania suicida. Al fratello, che gli aveva narrato di un suicidio, egli scrive: "Non mi accenni il nome di quel giovane che si è ucciso; sebbene non meni a nulla amerei saperlo: io amo il suicida, lo stimo e piango a calde lacrime alla memoria di quello che seppe liberarsi da tutto. Io non spero nulla, e quando il mio sperare conseguir si dovesse per disperar di te e di altri pochi a me cari, ci rinunzio, per il core di Dio. Speriamo, forse nel corso della nostra vita avremo un momento che ci consolerà; ma quale... la morte!


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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