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      Allora gli occhi suoi mandavano faville, e il labbro, tumido e acceso, gli tremolava convulso. Alle gravi ammonizioni del padre mio non rispondeva; si empiva la bocca di carta e la masticava come un cavallo impaziente rode il freno." Se il vecchio Guerrazzi gli parlava del dolore che avrebbe recato alla famiglia, si commoveva, ma senza recedere dal fatale proponimento ed esclamava affannosamente: Dio mio che cosa ho da fare? La mia esistenza mi pesa.... Spesso io lo sorpresi seduto col mento giù declinato sul petto, le gambe stese, le braccia penzoloni; le tempie e le guance incavate e con gli occhi più lustri del vetro guardare intensissimo qualche cosa che certamente non era in questo mondo. Se battendogli leggermente sopra la spalla taluno si avvisava domandargli come stesse, sorgeva dispettoso e quinci partivasi senza profferire parola". Saputo che aveva comprato due pistole e le teneva cariche in tasca, il padre di Francesco Domenico cercò d'indurlo a desistere dai suoi pensieri di suicidio; non riuscendogli, gli chiese che volesse restar in vita ancora un anno. All'altro parve troppo e offerse un mese; allora, quasi si trattasse della scadenza di una cambiale, cominciarono a contrattare e alla fine si concordarono per due mesi. Allo spirar di questi, chiamato in disparte il vecchio Guerrazzi, gli disse: "Domani sono libero." A gran fatica potè strappargli un altro mese.
      Quando si uccise, Francesco Domenico era a confino; Carlo Bini nell'annunziargli il fatto così gli scriveva: "Tre giorni prima che morisse io lo trovai lungo una strada così(52) tramutato nel sembiante e negli atti, che provai fatica a conoscerlo, e passava ratto e sospettoso come l'uomo perseguitato.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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