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      In queste lotte riportò una ferita al capo e altre, di cui una grave, nella coscia sinistra.
      (54) Scrive il Guerrazzi: "Parrà impossibile, ma io di dodici anni a tutte queste cose pensavo, e immaginai un poema e lo scrissi". La frase è ambigua ad arte per dar a credere di avere a dodici anni scritto il poema che invece, se fu allora pensato, non potè, come osserva il Guastalla, esser scritto e compiuto che tra i 16 e i 18 anni, accennando in un passo a fatti del 1822."
      (55) Il Guerrazzi fu durante la sua vita continuamente (o quasi) afflitto da mali intestinali, frequentemente da febbri, cefalee e violentissime emicranie oftalmiche, cardiopatie e, come vedremo in seguito, anche dalla epilessia. (Mondolfo o. c.)
      (56) Nell'originale: dec.
      (57) Si cfr. l'ottimo libro del Roncoroni: Sull'epilessia e le nevrosi epilettiche.
      (58) Le accuse che gli muove il Giusti sono gravissime, così per riguardo alla vita politica come alla vita privata (sopratutto forense). Dell'accuse politiche basti ricordare quella di avere in Livorno aizzato il popolo a la rivolta per esser poi chiamato a domarlo. Per affari privati, gravi accuse di appropriazione indebita gli furono anche rivolte dal Sanna nel libro I due Guerrazzi (zio e nipote) e nella lite Temistocle si pose dalla parte del Sanna, onde un odio feroce tra i due fratelli, tanto che Temistocle non andò neppure ai funerali del fratello; dal 1840 al '46, narra il Martini, il Guerrazzi fu tenuto in Toscana un orco, un parricida, un immane divorator di fanciulli; e anche ora, in quelle province, per significar brutti tempi, si vuole ripetere "tempi del Guerrazzi". A guadagnarsi questa bella fama egli stesso pose opera, dicendo che "viveva di rabbia", che "nessuno poteva amarlo non amando egli nessuno"; che, se fosse stato Dio, avrebbe "soffiato sul mondo come sopra una candela di sego". Le contrarietà lo esasperarono; la professione d'avvocato fu per lui "come la catena alla gamba del galeotto", la vita "un osso datogli a rodere". I suoi sfoghi erano violenti, i suoi motti pungenti e caustici.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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