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      Jacoby ha dimostrato che il potere illimitato precipita la degenerazione, rende facilmente megalomane e demente chi lo impugna.
      E noi vediamo la deputazione averci rapiti uomini geniali, diventati poi, al più, mediocri ministri.
      Chi sa dirci quanti fra quelli che si pompeggiano nelle nostre vie, fieri di un bel sauro e di una occhiata di qualche clorotica duchessa, non sarebbero diventati grandi uomini? Un esempio ce ne offre l'aristocrazia piemontese. Per molto tempo avendo tenuto a gloria il brillare nella milizia e nella politica, essa ci diede più uomini celebri che non il patriziato di Toscana insieme e di Napoli; ed ora non emerge che nelle sacrestie e nelle regie anticamere.
      Di più: bisogna ricordare che fu spesso la miseria, l'infelicità, che, servendo da stimolo, da pungolo al genio, ne fecero spicciare la vocazione; il che spiega quanto dimostrò la mia Paola: essere l'infelicità uno dei caratteri più frequenti della storia del genio(6).
      Così: senza la miseria non avremmo avuti i romanzi di George Sand e della Becher-Stowe, nè le commedie di Goldoni.
      Non rare volte, è vero, parve l'occasione aver dato luogo allo sviluppo del genio.
      Così, per un rimprovero che Muzio Scevola fece a Servio Sulpizio di ignorare le leggi del proprio paese, somma vergogna per un oratore e per un patrizio, quest'ultimo divenne un grande giureconsulto.
      Spesso i tagliatori di pietre, da lavoranti nelle cave intorno a Firenze, sin dai più felici tempi della Repubblica riuscivano scultori di vive figure, quali Mino da Fiesole, Desiderio da Settignano e il Cronaca.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte II (origine e natura geni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1902 pagine 193

   





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