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      Dopo qualche tempo egli fece un bozzetto (che fu poi la Sfinge), le cui difficoltà erano immense; egli non poteva capacitarsi del perchè si sentisse così ciecamente spinto a fare una cosa che tutti gli dicevano aver proporzioni assurde; il che anche a lui pure pareva: la testa era piccola, la persona troppo lunga; solo quando la statua fu portata al suo posto, egli capì perchè l'avesse fatta così: così, infatti, la volevano il posto, il paesaggio, le ombre, onde ottenere quella data impressione di riposo, di pace: il pensiero incosciente aveva dunque sempre avuto dinanzi agli occhi il posto e l'aveva spinto così ciecamente: gli pareva di non rendersi ragione di ciò che faceva; ed invece egli ragionava giusto, ma incoscientemente.
      A questo proposito, del come, cioè, si compie inconscio il lavoro mentale, sono interessanti a conoscersi certe risposte date al Saint-Paul da molti studiosi, letterati ed artisti sul loro modo di ricordare, concepire, scrivere, ideare. "La mia memoria - dice Zola - fin da bambino era come una spugna che si gonfia e poi si vuota. Quando io evoco gli oggetti che ho veduto, li rivedo tali e quali con le loro linee, le loro forme, i loro colori, i loro odori, i loro suoni; è una materializzazione ad oltranza: il sole che le illumina quasi mi accieca, il loro odore mi soffoca, i dettagli mi si appiccicano e mi impediscono di vedere l'insieme, e, per riaverlo, mi occorre che passi un certo tempo; allora nell'insieme le grandi linee si staccano nette. Questa possibilità di evocazione non dura, mentre l'immagine è di una esattezza, di una intensità immensa, ma poi sbiadisce, sparisce.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte II (origine e natura geni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1902 pagine 193

   





Sfinge Saint-Paul Zola