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      Bisogna, adunque, che il Cielo, sotto il quale si vive, sia in primo luogo d'ogni aura corrotta purgato e sgombro... ma conviene ancora che l'aria non sia nè troppo calda nè troppo fredda, ma piuttosto inchinevole al dolce, ed al temperato... finalmente è uopo, come bene insegnò Ippocrate, che l'aria, dove si abita, sia a frequenti mutazioni soggetta: perchè la perpetua egualità de' tempi, rendendo dal lungo uso rintuzzato per pigrezza il caldo, rende ottusi gl'ingegni: dove per lo contrario la predetta variazione dell'aria, per nevi, pioggie e venti, cagionata, agitando e scotendo sovente il sangue, contribuisce non poco a tener purgati e vivaci gli umori e gli spiriti. L'Italia e la Grecia, perchè furono nel quinto clima in così fatto ineguale temperamento locate, vediamo che ognora furono d'eccellenti uomini copiose, e specialmente d'insigni Poeti".
      Sono le medesime conclusioni a cui giunsi io studiando di proposito, nell'Uomo di genio, la distribuzione geografica dei genî.
      Studiando le condizioni interne che favoriscono la creazione poetica, soggiunge poi: "Coloro, nei quali il freddo ed il caldo sono come in equilibrio, esser non posson mai che spiriti mediocri. Espressamente nella Poesia chi vuol eccellente riuscire, deve contentarsi di passare tra gli uomini per testa calda: perchè niun grande spirito non fu mai, per osservazione di Seneca, che qualche mescolamento di bella pazzia non avesse nel capo".
      I contrassegni del genio studiati secondo la fisionomia d'allora sono dal Quadrio esposti in questo passo: "Il color della faccia è in essi traente un pochetto al fosco: e tutto l'aspetto è anzi piuttosto severo, e truce, che mansueto, ed aperto.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte II (origine e natura geni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1902 pagine 193

   





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