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      Sì, meglio lo dirò e lo ripeterò sempre, la causa è di coloro che mi hanno condannato alla sorveglianza per la quale mi trovo nella disperazione. Maledico a coloro che mi lasciarono in questo mondo, meglio sarebbe stato per me se non fossi nato, perchè non mi sarebbe toccata la sorte crudele o di morir di fame o di marcire (furono le sue parole) in carcere. Ma, soggiunse ancora, quello che ho fatto sarà poco a fronte di quello che sarò costretto di fare per liberarmi dalla sorveglianza e per non aver più nulla da fare o dire cogli agenti della P. S. ed assicurarmi il pane per tutta la vita". Il pane, a cui alludeva, era il pane del condannato, perchè altro più onorato non poteva ripromettersi sebbene di buona volontà, perchè nissuno lo voleva per lavorare, da taluno non solo rifiutato, ma con sdegno respinto, appunto perchè sottoposto alla sorveglianza della Pubblica Sicurezza" (Gallo, op. cit.).
      A me non resta che mettermi una corda al collo! diceva innanzi al Tribunale di Firenze uno sciagurato sottoposto alla sorveglianza, che era stato arrestato tre volte di seguito, negli stessi giorni in cui avea finito di espiare la pena. Solo nel mondo, senza parenti e senza amici, non avendo trovato, appena uscito di carcere la prima volta, ove posare il suo capo disgraziato, si era messo a dormire sotto la statua di Cosimo il vecchio... Dopo un momento fu condotto in prigione e processato e condannato perchè trovato fuori del proprio domicilio un'ora dopo il suono dell'Avemaria. Finita la pena, appena uscito dalle carceri s'incontrò a caso con uno che in esse aveva conosciuto e si unì a lui per andare in cerca di lavoro; fu carcerato, processato e condannato per essersi trovato insieme ad un individuo sospetto.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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