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      Le pene, dici tu, possono esistere solamente presso una libera volontà. Io rispondo: Ma tu punisci gli animali, a cui tu neghi la libera volontà: per mezzo della pena tu abitui i cavalli, senza esaminare se essi abbiano un libero arbitrio o no".
      Ed altrove ancora: "Perchè deve essere punito il ladro? Come accade che l'asino è punito per la sua stupidità, e come accade che si uccide il cane idrofobo? Noi uccidiamo dunque chi ci danneggia? Agisce ingiustamente chi uccide il cane arrabbiato? Che ne può pertanto il cane della sua rabbia?".
      E Rondeau, governatore sotto Giuseppe II, nell'Essai physique sur la peine de mort(358): negato il libero arbitrio, ripudiava le nozioni di bene o di male, di merito o di demerito universalmente accettate e venendo alla giustizia repressiva dichiarava: "che il delitto non esiste nella natura; è la legge sola quella che impone ingiustamente questa denominazione ad atti necessari ed inevitabili. Le cause infinite e varie che producono la pretesa criminalità sono tutte materiali e tutte indipendenti dalla nostra volontà, come i miasmi che producono la febbre. La collera è una febbre passeggiera, la gelosia un delirio momentaneo, la rapacità del furto e della frode, è un'aberrazione di malato, le passioni depravate che spingono ai delitti contro natura sono imperfezioni organiche. Ogni male morale è un risultato del male fisico. L'assassino stesso è un malato come tutti gli altri delinquenti. Perchè, in nome di quel principio si potrebbe dunque punire?


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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