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      - Come si può accordar la teoria che fa disonorare il reo con quella che vuol migliorarlo? Come si può marchiarlo in fronte col ferro, e poi dirgli: Migliorati? (Ruf),
      E che altro sono le teorie di Herbart, di Kant, di Altomid, di Hegel, di De Ercole (retribuzione penale), se non l'orpello delle antiche idee della vendetta, e del taglione? Secondo Altomid, lo Stato deve fare al reo tanto male quanto egli ne procacciava altrui. È la vecchia formola del taglione. Ma con ciò lo Stato non pensa al dipoi; rinchiude il reo, lo punisce e poi lo rimette in libertà, lasciando la società in un continuo, e quel che è peggio, aumentato pericolo, perchè il reo nel contatto dei carcerati diventa sempre peggiore; ed espiata la pena ritorna più armato e più irritato a nostro danno. E con questa teoria non si giustifican l'aggravamento delle pene sui recidivi, nè le misure preventive.
      Dicevano alcuni legislatori: Il reo deve far penitenza. Ma il concetto della penitenza è ecclesiastico, dipende da un atto di libera volontà. Può chiamarsi tale quello di un reo a cui per forza si sottragga la vita o la libertà? Non vi è ora più nessuno che confonda il delitto col peccato; nessuno, infatti, parifica i reati tentati ai consumati; nè contempla più per reati le azioni anti-religiose, e gli spergiuri (Tancredi, Il delitto o la libertà di volere, 1871).
      I criminalisti, che, come Seiferteld, fanno dipendere il delitto dalla volontà prava e libera, tornano alla teoria antica della perversità; ma ammettere, come essi fanno, ciò malgrado le circostanze attenuanti, è contraddirsi subito, è mantenere una libertà dimezzata.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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