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      Nelle donne perciò il carcere e le pene afflittive sono tanto meno necessarie, che il loro reato, quasi sempre effetto di suggestione, le rende meno temibili, quando si allontanino dal suggestionatore, amante, o marito(380).
      Per la maggior parte basterà la riprensione con libertà condizionale preventiva, salvo per quei pochissimi casi di avvelenatrici, truffatrici, omicide, cui basterà un piccolissimo carcere, o meglio un convento; perchè vista la grande suggestionabilità della donna è facile che sotto l'influenza della monaca la religiosità si sostituisca all'amore, la più frequente causa del crimine, e così l'onestà e il fanatismo religioso si sostituiscano alla tendenza criminale. Io ho potuto vederne le prove nello stesso carcere cellulare di..... dove eranvi suore tutt'altro che adatte.
      Quanto alle recidive di due o tre volte in reati contro i costumi, esse devono arruolarsi nella prostituzione ufficiale, prevenendo così quella clandestina che è ben più dannosa.
      Vista poi la grande vanità femminile, l'importanza che essa dà al vestito, ai gingilli e ai mobili della sua casa, si potrebbero sostituire molte volte nei reati di piccoli furti, di risse, le pene carcerarie con delle pene afflittive della loro vanità, come il taglio dei capelli, il sequestro degli ornamenti, dei mobili: sopratutto si deve nei ricoveri imporre il lavoro alle oziose collo spauracchio della fame.
      Addottando speciali pene per le donne noi ritorniamo a quanto facevano i nostri antichi, e gli indiani, gli ebrei (Deuteron, XXI), i Germani; anche in Russia nel medioevo la donna che aveva colpito il marito doveva cavalcare un asino al rovescio: in Inghilterra le donne che avevano rissato fra loro dovevano percorrere le vie del villaggio sollevando un peso a cui eran legate con catena: e le calunniatrici e ciarlone dovevano camminare con una musoliera (Revue des Revues, 1895).


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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