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      Non c'è, scrive uno dei più acuti nostri pensatori, G. Ferrero (La Riforma sociale, 1894, pag. 986), per il fuoco delle tendenze rivoluzionarie, alimento più potente di questi martirologi leggendari, che eccitano la fantasia di una quantità di illusi, di fanatici, di suggestionabili, di cui la nostra società pullula e che sono sempre un elemento importante di tutti i movimenti rivoluzionari. C'è una quantità di gente in ogni società che ha bisogno di entusiasmarsi al martirio, qualche volta anche di subirlo; gode di essere perseguitata; di credersi vittima della prepotenza e malvagità umana; che sceglie il suo tra i partiti politici a seconda dei pericoli che esso presenta, come certi alpinisti scelgono per un'ascensione la montagna in cui i precipizi sono più profondi e le rette più inaccessibili. Per tutti costoro non c'è eccitamento migliore ad abbracciare le teorie rivoluzionarie che la persecuzione clamorosa di cui son fatte segno. Ora per tutti costoro nulla è più pericoloso che dare alle loro fantasie un cadavere di giustiziato
      .
      La repressione violenta ha anche il torto di insuperbire troppo costoro, di far loro credere di pesare sui destini dei popoli, e di predisporre in loro favore le classi più elevate la cui ripugnanza è il migliore baluardo contro le loro mene.
      La caratteristica principale di questi rei politici per passione ed occasione è un inadattamento - direi specifico - alla forma di governo sotto la quale vivono e contro la quale commettono la loro azione delittuosa.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





Ferrero La Riforma