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      4ª i buoni, o meglio i men tristi, cioè quelli che non erano stati internati nella colonia più di 3 volte.
      Così risparmiano la vergogna della prigione e della sorveglianza di polizia.
      Sonvi mandati dai giudici, ma non pochi vi vanno come in una casa di lavoro, tanto che vi accorrono qualche volta degli operai disoccupati.
      I comuni vi mettono alle volte i loro poveri pagando 0,45 per i validi e 0,85 per gli invalidi.
      E se rifiutano di lavorare hanno 3 giorni di carcere a pane ed acqua. Pei lavori sono pagati con una moneta fittizia che non ha corso se non nello stabilimento, e che si cambia alla loro uscita onde non possano spender troppo nei vicini villaggi ed acquistare alcoolici. - E così con minima spesa essi hanno dissodati moltissimi terreni.
     
      Pena di morte. - Ma quando, malgrado il carcere, la deportazione, il lavoro coatto, costoro ripetano delitti sanguinari e minaccino per la 3ª, la 4ª volta la vita di un onesto - non resta che la estrema selezione, dolorosa ma certa, della morte. La pena di morte è scritta, pur troppo, nel libro della natura ed anche in quello della storia, e come pena è di una giustizia relativa al pari di tutte le altre. E la morte di pochi colpevoli è un nulla a petto a quelle più dolorose ecatombi di giovani onesti e vigorosi che si chiamano battaglie. Come l'espressione più sicura della difesa sociale, essa dovrebbe, certamente ammettersi fra popoli barbari, a cui la carcere non faccia sufficiente impressione(400). Ma io convengo che fra i popoli civili il delicato sentimento che la vuol abolita è troppo rispettabile per potersi combattere; tanto più che il prestigio singolare destato da una morte, inflitta a sangue freddo dai giudici, e subìta, meno rari casi, con coraggio o con spavalderia, moltiplica spesso i reati per imitazione e crea alla triste vittima, presso i volghi, una specie di culto.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833