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      Pure ad una cosa non pensano gli avversari di quella pena; non pensano con che difesa resterebbero davanti a un assassino, recidivo, che ammazzi i guardiani o li minacci di nuove imprese e che sia già stato condannato alla cella? Oh! sarete più umani se lo legherete mani e piedi per tutta la vita, e vi parrà d'esser giusti? E cosa farete nel caso di un nuovo infuriare del brigantaggio: e nel caso in cui la camorra e la maffia e gli accoltellatori di Livorno rinnovino, sempre più, ed estendano le feroci lor gesta?
      Nè si dica col mio carissimo Ferri che, per esser pratica la pena di morte dovrebbe essere una vera beccheria, che naturalmente ripugna allo spirito moderno; mantenerla non vuol dire volerla moltiplicare: a noi basta che essa resti sospesa come spada di Damocle sul capo dei più terribili malfattori, quando condannati a vita, abbiano attentato più volte alla vita degli onesti, e peggio se spentala: con che si toglie anche quell'ultima obbiezione tanto palleggiata, e in fondo giustissima, della irreparabilità di questa pena. Noi la vorremmo pure mantenuta, anche, quando, sotto forma di camorra, maffia, brigantaggio, la criminalità associata minacci la sicurezza e l'onore del nostro paese. Con che mi pare che si pareggino, nel civile, assolutamente le condizioni a quelle stesse per cui si mantiene tale pena in tempo di guerra.
      Oh! che non ci sentiamo commossi quando col diritto di leva condanniamo anticipatamente a morire precocemente migliaia di onesti sui campi di battaglia, spesso per un capriccio dinastico o per preteso amor proprio nazionale; e dobbiamo davvero sentirci sdilinquere quando si tratta di sopprimere poche individualità disoneste, cento volte più pericolose e fatali di un nemico straniero, in cui una palla ignota può colpire un Darwin, un Gladstone?


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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