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      Si sospettarono i due figliastri M.... e F..., malfamati, che erano stati veduti gironzare in quel giorno, e avevano interesse alla sua morte, perchè essa stava per fare un vitalizio che li diseredava.
      All'autopsia, eseguita il giorno 20, si scoprirono internamente tutti i caratteri della putrefazione avanzata e dell'asfissia; fluidità del sangue, chiazze emorragiche alla pleura costale, all'arteria polmonale e alla mucosa bronchiale e tracheale, che è di colore rosso vivo; ricchezza di liquido spumoso e sanguinolento nei piccoli e grossi bronchi; iperemia nei visceri addominali e più nei polmoni; vuoto il cuore.
      Aperto l'esofago nella parte superiore, si rinvenne un ascaride lombricoide, lungo 20 centimetri, che coll'estremità cefalica era appoggiato sull'apertura della glottide.
      Due periti, Resi e Raffa, dichiararono trattarsi di asfissia prodotta da mano violenta per occlusione delle vie aeree, per essersi manteunta la vittima, per qualche tempo, colla faccia sopra un corpo molle, cuscino, ecc., in modo da impedire l'entrata dell'aria; non trovando contraddizioni a ciò dalla scoperta dell'ascaride, in quanto che l'ascaride poteva essere ricacciato da un colpo di tosse, non essendo esso penetrato che superficialmente nelle vie aeree e per gran parte del suo corpo restando nell'esofago.
      Il De Crecchio, chiamato a nuova perizia in proposito, ammise l'asfissia, ma non volle escludere che ne potesse essere causa l'elminto.
      Chiamato, io, dai giudici ad una sopraperizia, non potei a meno di osservare: che i morti per asfissia da lombrici erano bimbi o dementi, e presentarono sempre una lunga reazione che qui mancò; che dal testimone C... la notte del 17 si sentirono delle grida soffocate e dei colpi nella direzione della camera della vittima; che il M., antropologicamente e giuridicamente indiziato di crimine, era già stato condannato per porto di arma, aveva spogliato la vittima, appena morì il padre, di molte sostanze, l'aveva truffata d'una fortissima somma a proposito dell'eredità; s'aggiugne ch'egli, ch'era lascivo e cupido, avendo, un giorno, messe le mani addosso ad una ragazza, questa lo rimproverò di volerla strozzare come aveva fatto con la Gall.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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