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      Così per dire capelli, il Navajo dice: albero del capo dell'uomo o meglio alber-cap-uom, hat-zee-tzin; per dire barba, penne-uomo hut-tah-gah. I Mohawki non hanno labiali p, b, m, e nemmeno l'r, l'f, l'n; i Messicani ignoravano la b e la f. (Schoolkraft Informat. of the Indian Tribes 1850).
      Anche il gruppo delle lingue africane ha per carattere di distinguere il genere animato dall'inanimato; e, vedi finezza o meglio stoltezza commune a tanti pseudofilosofi!, le bestie stanno nel secondo, e l'uomo nel primo: essi distinguono le cose facili dalle difficili, l'effetto dalla causa. In genere sono lingue molto vocalizzate, somiglianti in questo alle: australiane, probabilmente perchè sviluppate dapprima sulle coste marine: anche in esse la così detta grammatica fa una brutta figura. Mancanvi i numeri e gli articoli; i verbi non hanno conjugazione; e semplicissimi sono i nomi; la posizione delle radicali determina l'azione, i tempi, la declinazione: per es., per accennarvi: Mi naque un figliuolo, esprimonsi così: Io sposa figlio; mancano affatto di parole astratte, sicchè, volendo, per es., significarvi: Io vivo, dicono: Sono nel cuore.
      È proprio questa l'imagine capovolta del linguaggio dei nostri bimbi e di quelli cui particolari circostanze, come il sordo-mutismo, l'afasia, la idiozia abbassarono all'umile strato della infanzia.
      L'uomo Ottentotto, anch'egli, ha un linguaggio tutto suo proprio, e che porta, come il suo scheletro, l'impronta dell'inferiorità della razza. Vi mancano i casi, la declinazione dell'aggettivo, il pronome relativo, i generi; vi mancano le parole astratte.


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L’uomo bianco e l’uomo di colore.
Letture su l'origine e la varietà delle razze umane
di Cesare Lombroso
Editore Fratelli Bocca
1892 pagine 251

   





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