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      Un chimpanzè, salito sopra un albero, lo scoteva quando vedeva avvicinarvisi qualcuno, certo ragionando che come l'agitazione violenta dell'albero già altre volte gli aveva dato noja, così potesse pure altrui cagionarne. Dei gibboni furon visti discendere nel fiume a lavare il muso ai loro figli, e quindi asciugarli, come farebbe una buona nutrice.
      Gli abitanti del Capo abituano le scimie a portare loro gli oggetti, a soffiare nei mantici delle fucine, a fare da cocchiere ai carri tirati da buoi.
      Un chimpanzè, posseduto da Chaillu, per derubarlo dei suoi banani, si avvicinava, prima di commettere il furto, al suo letto, e spiava se era addormentato: che se egli si svegliava in quel mentre, il furbone fugiva, gettando via il frutto rubato; se poi era in tempo, lo rimetteva a posto, e tentava illuderlo con mille moine e carezze.
      Un orango si trastullava con due gattini, cui poneva sul suo capo: siccome questi, per acciuffarvisi, lo artigliavano, egli tentò di strappar loro le unghie; ma l'operazione riescendo male, egli si rassegnò a tenerseli e lasciarsi graffiare, pure di non perdere i nuovi amici ed il nuovo solazzo.
      Da simili fatti si ispirò certamente Féderico Cuvier, quando dettava essere le scimie le bestie più intelligenti della creazione.
      Questa sentenza parmi troppo esaggerata, anzi non vera; piuttosto io dovrei aggiungere un'osservazione.
      Come nel cretino e nello idiota gli scarsi segni di una intelligenza inferiore a quella degli animali, pure hanno un colorito affatto umano, così l'intelligenza delle scimie, per quanto inferiore nonché alla nostra a quella di molti bruti, pure si esplica con atti e gesti che tengono tanto dell'umano, che si direbbe l'uomo tuttora li riproduca per impulso ereditario, per atavismo.


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L’uomo bianco e l’uomo di colore.
Letture su l'origine e la varietà delle razze umane
di Cesare Lombroso
Editore Fratelli Bocca
1892 pagine 251

   





Capo Chaillu Féderico Cuvier