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      D'altronde alcuni dei fatti su cui si fondano i sostenitori di quella teoria, sono contradetti da altri: così non è vero che tutti i microcefali abbiano un cervello somigliante a quello delle scimie inferiori, e Gratiolet ne rinvenne con cervello più piccolo ma affatto uguale all'umano; ne è vero che tutti mostrino quella tendenza ad arrampicarsi su gli alberi, su cui si mena tanto scalpore da Vogt e da Darwin.
      Pinel descrisse un microcefalo, coperto di pela lanoso nei lombi e negli arti, che provava ripugnanza per la carne, avidità per i vegetali; e quand'era contento, belava, e, a guisa delle pecore, strofinava il fronte nel ventre della sua infermiera per mostrare la sua gratitudine, ed arietava il capo furiosamente quand'era irritato; non riuscì mai a sedere, e dormiva co'l viso avvoltolato su le gambe come le pecore. A Cremona i dott. Marenghi e Mainardi curarono un microcefalo ventenne, sopranominato l'uomo uccello, che usava correre, pipilando e saltellando come i passeri, e agitando, prima di spiccare il salto, le braccia tese e l'avambraccio flesso a modo degli uccelli quando spiccano il volo, e che si ricoverava fra le braccia del custode a ogni più breve rumore (31).
      Vorremo noi concludere da simili fatti che gli uomini derivino dalle pecore e dagli uccelli; o dai rari casi di utero bicorne, di cervello mancante di corpo calloso, vorremo noi farli derivare dai roditori o dai marsupiali?
      No. Queste mostruosità, così come le parvenze animalesche del feto umano, da cui derivano, e che vanno fino allo stadio del pesce e dell'ascidia, provano un fatto soltanto, l'affinità che lega la nostra stirpe superba al più infimo annello della serie zoologica; le più costanti e numerose analogie co'i quadrumani proveranno forse qualcosa di più: che, cioè, il nostro ignoto antenato era d'una razza più a loro vicina di tutte l'altre, sicchè, per una specie di preatavismo, noi ne riproduciamo più di frequente la struttura e le tendenze; ma esse non provano punto che noi deriviamo dai quadrumani e meno ancora poi dai quadrupedi: per venire a simili conclusioni, la moderna antropologia, quando non voglia essere tacciata di ricadere nelle vie buje della metafisica, deve esigere analogie che non sieno isolate e interrotte da inesplicabili lacune cui le più semplici influenze del clima, dell'uso e disuso degli organi mal possano colmare; nè le comparazioni co'l feto devono essere prolungate fino a quella remota età che ci confonderebbe co'i pesci o con l'ascidie, ma si deve arrestare a quell'epoca (dopo il sesto mese) in cui il feto può veramente dirsi umano.


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L’uomo bianco e l’uomo di colore.
Letture su l'origine e la varietà delle razze umane
di Cesare Lombroso
Editore Fratelli Bocca
1892 pagine 251

   





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