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      LETTURA SETTIMA
     
      Conclusione.
     
      Tutto ciò può indurci nel non trovare assurda l'ipotesi che un animale appartenente al tipo pitecoide siasi trasformato, sotto speciali circostanze, mano mano, in un uomo negro, giallo, semitico, bianco, a quel modo che sotto ai nostri occhi il Bianco si cangiava in Yanckee, il Semita in Europeo, a quel modo che il cignale divenne porco, il lupo divenne cane, o come l'ape solitaria, fabricatrice della informe cella, si trasformò in quella meravigliosa architetta che è l'ape domestica.
      Così la storia dell'umanità rientra nell'immenso cerchio della creazione, da cui una sciocca vanità la vorrebbe divelta.
      Se non che noi non possiamo ancora asserire queste origini pitecoidi e queste metamorfosi progressive, se non come un'ipotesi, appunto perchè l'antropologia vuol essere una scienza esatta, e non può concludere, a mo' degli antichi filosofi, su poche analogie e sui trampoli di pochi fatti e di arguti od imbrogliati sillogismi.
      Quando avremo trovato, fossile o vivo, l'animale intermediario tra alcune specie di scimie e l'uomo, quando più numerosi documenti ci avranno fissati i caratteri delle razze preistoriche, in ispecie dell'epoca miocenica e pliocenica, che ora tanto scarseggiano, allora soltanto la ipotesi cederà il posto all'assioma.
     
      Ma noi ci abbiamo messo innanzi un altro problema, da questo ben differente: se, cioè, la razza umana sia identica dappertutto a sè stessa, o se presenti delle ineguaglianze profonde.
      Ora se al primo quesito la risposta deve farsi esitando dinanzi alle misure e alle riserve dell'antropologia, nessun dubio vi ha per il secondo.


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L’uomo bianco e l’uomo di colore.
Letture su l'origine e la varietà delle razze umane
di Cesare Lombroso
Editore Fratelli Bocca
1892 pagine 251

   





Bianco Yanckee Semita Europeo