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      Le fosse glenoidee sono più convergenti all'indietro e divergenti all'innanzi. I fori carotici sono più ristretti; corte e come schiacciate le rocche petrose; i denti molari, invece di essere inseriti verticalmente, lo sono obbliquamente. Del resto nella faccia nulla notasi di anormale: sviluppate e regolari le ossa nasali, proporzionata la mascella inferiore, solo un po' più depressa del normale la fossa canina.
      Perfettamente poi coincide colle osservazioni del Vogt la posizione del foro occipitale, portato così all'indietro come negli antropomorfi. Confrontando infatti la distanza del foro occipitale dal margine alveolare in un sardo pitecoide e in un romano, abbiamo trovato nel primo 100, nel secondo 95 e nel nostro 92, differenze di poco rilievo; confrontando invece la distanza del margine, posteriore del foro dal punto più sporgente dell'occipite, troviamo nel sardo 40, nel romano 60, nel nostro 90: e mentre in genere la lunghezza della base cranica è uguale al diametro longitudinale, nel nostro si ebbe la differenza di 160 a 140.
      Lo studio dell'indice cefalo-orbitale ha confermato meravigliosamente le osservazioni del Mantegazza. Esso collocherebbe il nostro microcefalo, come del resto lo colloca assai bene l'angolo fronto-orbitale, subito dopo l'orango adulto, più indietro dell'orango giovane, e in una distanza dall'uomo che sta come 8 a 27. L'indice cefalo-spinale del nostro microcefalo conferma anch'esso la scoperta del Prof. Mantegazza. Esso collocherebbe il nostro microcefalo al di sotto dell'orango, del chimpanzé e del gorillo, e ad una distanza dall'uomo che sta come 6 a 20, o almeno come 6 a 19, precisamente come la capacità del cervello, che essendo di 390, sta alla media umana di 1975 come 6 a 18, che è poi pressoché il rapporto dato dall'indice orbitale.


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L’uomo bianco e l’uomo di colore.
Letture su l'origine e la varietà delle razze umane
di Cesare Lombroso
Editore Fratelli Bocca
1892 pagine 251

   





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