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      Mi spiego con un esempio:
      Nel nostro ufficio ci è un gatto chiamato Pecicche. Quando c'è una interpellanza contro un presunto abbuso o ritardo, il Ministro chiama il capo de la divisione competente e ci dice: Proveda!... Il capodivisione chiama il caposezzione e ci dice: Proveda!... Il caposezzione chiama il capo d'ufficio e ci dice: Proveda!... Il capo d'ufficio chiama il segretario e ci dice: Proveda!... Il segretario chiama l'alunno e ci dice: Proveda!... L'alunno chiama l'usciere: Ma comm'è che nun provedi?... E l'usciere dà una zampata a Pecicche.
      Per cui un anno in cui la rippresentanza nazzionale si occupò molto dell'interessi pubblici (si vede che nun fu un quivoco) il povero Pecicche s'era ridotto che appena sonava il campanello del gabinetto di Sua Eccellenza scappava per i tetti, e con tutto questo, a furia di zampate, invece d'un gatto era diventato un marciapiede, e dovessimo arifarci una coda nova per sottoscrizzione.
      Ora il male è che questa superstizzione del pubblico è penetrata, pare, ne le alte sfere guvernative, per cui eccheti che, pensa e aripensa, come diceva il poveta, ti vogliono impiantare l'orario unico.
      Il che ha prodotto, nell'uffici, qualche cosa come una mezza arivoluzzione.
      Laddovechè lei me lo insegna che, gira che ti ariggira, chi ci arimette siamo noi!
      Lei deve consapere che ogni orario di ufficio ci ha il cusidetto limite di sbafo, che sarebbe come chi dicesse quel cinichetto di aritardo nell'entrata e di prematurità nell'uscita, il quale ti permette di aridurre praticamente l'orario.


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Come ti erudisco il pupo
Conferenza paterno-filosofica ad uso dell'infanzia e degli adulti
di Luigi Lucatelli
Edizioni Cappelli Bologna
pagine 188

   





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