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      Mio padre dunque ti spingeva avanti la barca a la meglio, mentre mia madre stava al bancone, per cui nacqui io e non mi vergogno della mia origgine, laddovechè tanti capoccioni, se si guardano addietro, vedono che sono sortiti magari da un posto peggio.
      Accusì la mia famiglia mi tirò su a mollichelle, povero sì, ma intemerato, e tutti di casa mia siamo andati sempre a fronte alta, abbenanche che papà ci avesse la testa carica di penzieri.
      Adesso non ti voglio posare a farti l'omo di genio, ma se il professor Lombroso mi avesse misurata la testa, avrebbe veduto che nun ero un omo come tutti l'altri, tantochè a mammà ce lo disse puro il cappellaglio: Questo ragazzo farà qualche cosa.
      E mammà ci fece tanto impressione, che quel giorno mi arovinai i calzoncini novi, e lei ci passò sopra e chiuse un occhio.
      Infatti un certo non so che di poco commune me lo sentivo: certe volte, mentrechè stavo in bottega, arestavo lì come un frescone, soprappenzieri, e papà mi voleva magari dare una zampata, ma mammà ci tratteneva la mano e diceva: Lasselo stare, che quello lì fa qualche cosa.
      Una volta mi aricordo che al compare mio, che era caffettiere, ci arecitai una povesia letta in un libbro accusì bene, che lui mi voleva per forza al banco con lui, ma non se ne fece gnente per raggioni di famiglia.
      A scola, andavo da l'Ignorantelli indove a furia di sventole su le mano, imparai a stare a braccia conzerte che ero il primo de la classe e abbenanche il prete mi andasse poco giù, tutti mi volevano bene, e il primo premio, quando nun se lo beccava un altro, l'ho sempre ariportato io.


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Come ti erudisco il pupo
Conferenza paterno-filosofica ad uso dell'infanzia e degli adulti
di Luigi Lucatelli
Edizioni Cappelli Bologna
pagine 188

   





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