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      Laddovechè poi ci aripenzavo, e quando era per metterci il piede mi cascaveno le braccia.
      Una mattina che me ne stavo al Pincio, indove ci ho avuto sempre un debbole per la natura e, povertà non è vizzio, ci avevo una fame che puro le violette mi pareva che odorassero di abbacchio a la cacciatrice, me ti passa davanti una signora col marito e una creatura di sette anni, la quale appena mi vidde, disse: Papà, guarda che faccia di frescone.
      Il padre puro mi guardò e disse: È vero, quel giovinotto mi piace.
      Io capii che la fortuna mi passava vicino e messi assieme una cosa che poteva puro parere un sorriso.
      Ed eccoti che presero informazzione e gli entrai in casa come segretario, con l'incarico di ariordinare la scrivania del marito, e, a tempo perso, anche l'altri mobbili di casa, nonchè ci facevo qualche spesuccia e mi affidarono l'educazzione del figlio, che io portavo a scola.
      In quella casa non mi ci trovavo male: lui era un impiegato grosso a Roma e Comarca e lei ci aveva uno zio monsignore che veniva sempre in casa, raggione per cui non ci amancava gnente, ma il rigazzino era un gran boglia.
      Pigliate, salvognuno, un serpente a sonagli, metteteci una tigre, un effetto protestato, sciogliete il tutto in un dispiacere di famiglia e avrete sottocchio quello che era questo giovine anticristo.
      Il padre nun stava quasi mai a casa per via de l'ufficio e perchè il zio monsignore dice che ci dava sempre qualche missione delicata: la madre poi ce le mandava tutte bone, e solo una volta che lui gli si soffiò il naso nel vestito novo, la prese con me perchè dice che ci insegnavo le idee suvversive.


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Come ti erudisco il pupo
Conferenza paterno-filosofica ad uso dell'infanzia e degli adulti
di Luigi Lucatelli
Edizioni Cappelli Bologna
pagine 188

   





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