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      XIII. La religione degli antichi Elleni era quel vergine sentimento sereno di cui gode l’anima nella giovanezza della vita quando entrammo in questo mondo che ci parve pieno di tanta bellezza, di tante maraviglie, e di tanto amore. Il Greco palpitante di affetti e lieto di vivida fantasia animava ed abbelliva tutta la natura, e i monti, e i boschi, e i fiumi, e le fonti, e gli antri, e il mare, e gli alberi, e i fiori della sua patria, che gli erano cari quanto l’anima sua che egli aveva posta in quelli. E le leggi dell’anima sua che egli riconobbe nella natura, e delle quali sapeva rendersi qualche ragione, furono i suoi iddii; che però furono molti, e ritraenti l’armonica bellezza della facoltà che li creava, esseri formati di attributi della natura esterna e dell’anima. Quello poi che nell’anima era oscuro, e di cui non si sapeva rendere ragione, chiamò il fato, che fu cieco, inesorabile, senza figura; legge superiore alla corta intelligenza, verità astratta superiore alle verità concrete che sono gli dei, creazioni belle, di cui essa è la ragione segreta, la cagione profonda e prima, e ancora sconosciuta. Ma come l’intelligenza cresce, e le verità concrete vanno dilargandosi in certe generalità, gl’iddii perdono la loro bellezza particolare, e quella luce onde erano splendenti e distinti: dipoi viene quasi un presentimento della prima verità astratta, che pure non si conosce ancora, e le si rizza un tempio dedicato al Dio ignoto: infine l’intelligenza fatta adulta la vede, la conquista, ed ora l’uomo ha sotto le sue mani il fato.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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