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      Nè le scuse che si fanno prima di riferire il ragionamento, mi paiono fatte per beffare i retori, soliti a parlare con tali aggiramenti; chè nè beffa nè malizia alcuna io vedo in questo scritto, ma soltanto ammirazione. Sebbene questo dialogo sia preceduto da una breve lettera di Luciano a Nigrino, e gl’interlocutori sieno Luciano ed un suo amico, pure molti interpetri hanno negato che sia genuino, ed altri dicono che potè essere scritto da Luciano giovane. Che sia lavoro d’un giovane pare allo stile pieno di una certa baldanza, all’affetto, alle immagini, al tuono declamatorio, a tutto insomma il tenore del dialogo: ma che questo giovane sia Luciano non pare certo. Chi è arguto e motteggiatore, anche da giovane motteggia; perchè piacevolezza è natura, non istudio; apparisce spontanea, non s’apprende; ed in ogni giovane s’intravede sempre l’uomo maturo. Chi uomo nega ogni cosa, giovane ha dovuto dubitare di molte cose; ed un intelletto dubitante è sempre independente, e non si abbandona alla lode ed all’ammirazione smoderata. Luciano giovane poteva benissimo amare ed ammirare Nigrino, come amò e rispettò Demonatte, ma parlarne a quel modo non poteva, come a me pare; ripugna alla sua natura, a quella intelligenza, a quel suo senso retto col quale conobbe in che stato era la scienza e l’impostura dei filosofi, e non pregiò altro che una realtà della vita. Luciano avrebbe ammirato meno, lodato meglio: il concetto non è suo, la forma non è corretta, la espressione non è di quella schiettezza e limpidezza che piace tanto nelle altre sue opere: onde a ragione si può dubitare se il Nigrino sia suo.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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