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      Nondimeno se questo dialogo non ci rivela l’ingegno e l’arte di Luciano, dimostra, come lavoro d’un Greco, in che cosa i Greci si sentivano superiori ai Romani, e come cercavano sempre di fare pił spiccare questa loro superioritą, nel sapere e nel costume.
      LX. Per le ragioni medesime il Cinico non č a tenere genuino. Si dipinge in questo dialogo l’immagine di un cinico perfetto, e si vorrebbe far vedere come questa č l’immagine vera dell’uomo e del savio. Taluno crede che sia una satira indiretta dei Cinici del tempo, ai quali si contrappone questo tipo; ma le vie indirette non piacevano a Luciano, franco ed impavido motteggiatore, massime dei Cinici che egli morde senza pietą nč riguardi. E qui i Cinici non sono nominati nč ripresi affatto, ma sono personificati tutti quanti in uno: il quale tipo non č nč bello, nč savio, nč umano, e non poteva entrare nella mente di un valente artista. Egli č vero che Luciano prese quel suo tipo del Menippo dai Cinici, e messe un Cinico a disputare con Giove e confutarlo: ma quel tipo lucianesco era spoglio della prosunzione, arroganza e sfacciatezza cinica, era simbolo del senno popolare acuto, pronto, schietto, gaio, ridente, diverso da questo interamente; era tipo non di filosofo, ma di uomo, non declamatore, ma motteggiatore; e messe un Cinico a petto di Giove per mostrare che a confutare e beffare il massimo Iddio, bastava il senno pił volgare. A me pare adunque che questa scrittura non sia affatto una satira, ma una prosuntuosa e rabbuffata declamazione, senza veritą, senz’arte, certamente non di Luciano, forse di qualche fanatico settatore.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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