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      Lo scrittore afferma di avere già prima conosciuto quel tristo, e di aver navigato con lui: racconta che egli con altri amici andò in Elide e lo rivide, l’udì parlare prima di morire, e con gli occhi propri lo vide gettarsi nel fuoco. Bisogna pur credere a chi afferma di aver veduto con gli occhi suoi, o pure non bisogna credere più a nessuna persona al mondo. Può egli avere esagerato i vizi di Peregrino; può non essere del tutto vero che Peregrino fu adultero, corruttore de’ giovani, parricida, e quel sozzo e scellerato impostore che è descritto: una cosa è vera, e veduta con gli occhi propri, e della quale non c’è ragione di dubitare, che Peregrino gettossi da sè nel fuoco in Olimpia per desiderio di una famosa morte. Questo basta per rigettare il sospetto di Stefano Le Moyne, il quale crede che questo Peregrino, che si bruciò da sè in Olimpia, sia san Policarpo, che fu bruciato a Smirne, e la cui anima, dicesi, fu veduta volare dal rogo in forma di colomba: e che però Luciano disse per beffa che l’anima di Peregrino volò dal rogo in forma di corvo. Sospetto ingiusto, senza fondamento, e quasi puerile, venutogli unicamente da quel corvo che gli parve scambiato con la colomba. Luciano non aveva ragione di nascondere e mentire nome, luogo, persone, e tutte le circostanze del fatto; egli che non suole risparmiare nessuno e non aver riguardi per nessuno, avrebbe egli parlato con lontane allegorie di un povero cristiano perseguitato e giustiziato, se egli fosse stato sì vile da infamarlo e beffarlo?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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