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      Luciano per contrario si appiglia appunto a quel pretesto, a quelle accuse, a quelle colorate cagioni, e ne dimostra la falsità e la sciocchezza: egli tocca poco del bene fatto da Prometeo, e niente del dolore di quel magnanimo; il quale non è più quel sublime sapiente che non si abbassa a dire neppure un ahi innanzi ai suoi tormentatori, che rifiuta ogni intercessione d’amici, che non cessa di beneficare, consigliare, e confortare di speranze gli altri sventurati come lui perseguitati dall’ira dei potenti, che disprezza e ributta chi gli consiglia una viltà, che sfida impavido tutta l’ira ed il furore del cielo; ma è divenuto un sofista linguacciuto e pettegolo, che vuol contare le sue ragioni al bargello, e non potendo dimenticare i piati e i tribunali, fa giudici ed accusatori i birri, ed ei sciorina la diceria della difesa. Se leggi il Prometeo di Eschilo, quella sublimità di concetti, quella solenne e sobria melodia di arte ti fa spiacere il Prometeo di Luciano. Ma se consideri che Luciano non volle fare una poesia, ma una satira religiosa, troverai che egli non poteva appigliarsi ad altro per cavarne il ridicolo, e che assai abilmente, e secondo retore, ha trattato il soggetto, ed ha raggiunto il suo scopo di mostrare sciocco il senno supremo del mondo. E la satira è più amara perchè fatta con una specie di apparente moderazione. Insomma Eschilo ti vuol fare ammirare Prometeo, Luciano ti vuol fare disprezzar Giove, atterrare questo grand’idolo della fantasia antica: l’uno innalza un grande intelletto al di sopra di tutti gl’iddii; l’altro piglia il massimo degl’iddii e te lo abbassa al di sotto del senso comune degli uomini.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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