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      Due donne, presomi per le mani, mi tiravano ciascuna a sè con sì gran forza e violenza che per poco in quel tira tira non mi fecero in due pezzi: chè ora prevaleva una e mi teneva tutto a sè, ora venivo in potere dell’altra. Si bisticciavano e gridavano: Egli è mio, e me lo vo’ tenere. No, non è tuo, e non devi pigliarti l’altrui. L’una era un donnone, un’artigiana, coi capelli scomposti, le mani callose, la veste succinta, tutta impolverata, com’era lo zio quando scalpellava i marmi; l’altra di assai bell’aspetto, e composta, e ornatamente vestita. Infine lasciarono a me decidere con chi volessi andare. E prima quel duro donnone parlò in questa guisa:
      Io, o bimbo mio, sono l’arte della Scultura, che tu ieri cominciasti ad imparare; sono di casa tua, e tua parente; chè il tuo avo (e mi nominò il padre di mia madre) era scultore, e i tuoi zii amendue, ed ebbero fama per me. Se tu vuoi tenerti lontano dalle inezie e dai cicalecci di costei (additando l’altra), e venire e startene con me, io ti alleverò da uomo, e tu avrai braccia robuste; non sarai invidiato affatto, non anderai in paesi forestieri lasciando la patria e i congiunti, e non per chiacchiere, ma per opere sarai da tutti lodato. Nè ti dispiaccia l’umiltà della persona, e la sordidezza della veste, chè cominciando così Fidia fece il suo Giove, e Policleto formò la Giunone, e Mirone fu celebrato, e Prassitele fu ammirato, ed ora sono anche adorati coi loro iddii. Oh, se tu divenissi uno di costoro, che gloria avresti dagli uomini, quanto sarebbe invidiato tuo padre, che lustro daresti alla tua patria!


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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