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      L’Amico. Lascia un po’ coteste ricercate, o amico mio; ripiglia il filo del discorso, e contami ciò che ti disse: se no, con tanti aggiramenti mi opprimi.
      Luciano. Ben dici, e così va fatto. Ma vedesti mai, o amico, quei goffi istrioni che guastano le tragedie o le commedie, dico quelli che sono fischiati ed infine scacciati dal teatro, benchè rappresentino drammi molte volte applauditi e premiati?
      L’Amico. Ne ho veduti tanti! ma che vuoi dire?
      Luciano. Temo che non ti parrò anch’io un ridicolo istrione, esponendoti disordinatamente le cose, e talvolta guastando, pel mio poco conoscere, il suo sentimento; e che così a poco a poco tu non giungerai a biasimare anche il dramma. Per me non mi dolgo: ma mi dorrebbe assai se il dramma cadesse o scomparisse per cagion mia. Insomma ricòrdati, mentre io parlo, che il poeta non ha colpa dei falli miei, che sta lontano dalla scena, che non si briga di ciò che accade in teatro. Io voglio darti una pruova del mio valore, della memoria che ho, facendo la parte di un nunzio in una tragedia. Onde se dirò qualche sciocchezza, e tu di’ subito che la non era così, che certamente il poeta disse altro: per me poi, se anche mi fischierai non me ne offenderò.
      L’Amico. Bravo, per Mercurio! hai tirato un proemio secondo tutte le regole della rettorica. Avresti dovuto aggiungere che il vostro ragionamento fu breve; che tu lo riferisci così alla buona senza esservi apparecchiato; che saria ben diverso a udir lui stesso parlare; e che tu dirai poche cose, quante hai potuto ritenerne a memoria.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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