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      Vuoi vedere, diceva, che hanno fatto questi nella vita loro? vedi che vogliono si faccia dopo che son morti. Questi sono quei tali che comperano le vivande del più caro prezzo, che nei banchetti bevono vino con croco e con aromi, che a mezzo verno si covrono di rose, non pregiandole se non quando son rare e fuori stagione, e tenendole vili quando vengono al tempo loro: questi sono quelli che bevono unguenti. E massimamente li riprendeva perchè non sanno moderare le loro passioni, ma con esse trapassano ogni legge, confondono ogni termine, fiaccano l’anima prostrandola a tutte le sozzure, e come si dice nelle tragedie e nelle commedie, entrano per ogni parte, tranne per la porta: e questi tali piaceri ei li chiamava sgrammaticature. Ed a questo proposito ei diceva un altro motto come quello di Momo, il quale biasimò il dio che fece il toro e non gli pose gli occhi sopra le corna; ed egli riprendeva coloro che si coronano di fiori, perchè non sanno il luogo dove debbono mettere le corone. Se, diceva, si piacciono dell’odore delle viole e delle rose, sotto il naso si dovriano mettere le corone, per fiutarle e trarne la maggior soavità. Si rideva ancora di quegli altri che stanno su tutti i punti della gola, e attendono a variar salse e delicature: e diceva che durano tante fatiche per un piacere sì corto e sì breve. Ve’, si affaticano tanto per quattro dita, quanto è lunga la gola dell’uomo: chè prima di mangiare non godono dei cibi di caro prezzo, dopo di averli mangiati non ne rimangono meglio sazi: dunque per un piacere che non dura più che il trapassar per le canne, spendono tante ricchezze.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





Momo