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      Prometeo. E inezie sono tutte, come tosto vedremo. E giacchè dici che queste accuse bastano, io tenterò, come posso, di purgarmi di queste colpe: e prima comincerò da quella delle carni. Giuro al cielo, che a parlar di questo, ho vergogna io per Giove; il quale è d’animo così gretto, è così ghiotto, che per un ossicino trovato nella sua porzione, manda alla croce un dio antico come me, senza ricordare che ho combattuto per lui, e senza pensare qual era infine la cagione di tanto sdegno. I fanciulli fanno il broncio e si corrucciano quando non hanno la parte più grossa. Queste burle, o Mercurio, questi dispettuzzi che si suol fare nei conviti, non bisogna tenerli a mente, anzi le offese stesse stimarle scherzi, e lasciarne lo sdegno nel banchetto. Serbar l’astio, nutrir l’odio sino al dimani, e non dimenticare l’offesa, non è da iddio, nè da re. Se dai banchetti si bandiscono cotali piacenterie, e le burle, ed i motti, e le occhiate, e le risate, non vi resta che l’ubbriachezza, la sazietà, il silenzio, cose triste e noiose, e sconvenienti ad un banchetto. Io non potevo mai credere che Giove se ne ricorderebbe il dimani, che se ne sdegnerebbe tanto, che si terrebbe gravemente offeso ch’io nello spartire le carni feci uno scherzo per provare se egli sapesse scegliere la porzione migliore. Ma poni, o Mercurio, un caso più grave, che invece di dare a Giove la porzione più piccola, non gliene avessi data affatto, doveva egli per questo rimescolare cielo e terra, pensare a catene, a croci, al Caucaso, mandare giù aquile a straziarmi il fegato?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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