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      È stato Vulcano. Misero me! son divenuto un carbone, e ribollo tutto.
      Il Mare. E perchè ti ha gettato il fuoco addosso?
      Il Xanto. Pel figliuolo di Teti. Come ei menava strage de’ Frigi, io lo pregai che cessasse da quella furia, non mi chiudesse coi cadaveri la corrente, ed egli niente: io allora per pietà di quei miseri, gli andai addosso, quasi per sommergerlo, sicchè avesse paura e non uccidesse tanta gente. Allora Vulcano, che per caso mi era vicino, mi fu sopra con tutto il fuoco che aveva nella fucina, e nell’Etna, e in ogni parte; mi bruciò salci e tamarigi, mi arrostì i poveri pesci e le anguille, mi fe’ tutto ribollire, e per poco non m’inaridì. Vedimi come mi son fatto per tante scottature.
      Il Mare. Ei pare che tu sei torbido, e caldo; il sangue è dei cadaveri, ed il caldo è del fuoco, come tu di’. Ma ti sta bene, o Xanto, che te la volesti pigliare con un mio nipote, non avendo rispetto che egli era figliuolo d’una Nereide.
      Il Xanto. Ma non doveva io aver pietà de’ Frigi miei vicini?
      Il Mare. E Vulcano non doveva aver pietà di Achille figliuolo di Teti?
     
     
      12.
      Dori e Teti.
     
      Dori. Perchè piangi, o Teti?
      Teti. Ho veduto, o Dori, una bellissima donzella in una cesta, messavi dal padre, ella ed un bambino suo testè nato. Il padre comandò ai marinai di prender la cesta, e, come si fosser molto dilungati dalla terra, di gettarla nel mare; affinchè la sventurata perisse ella ed il suo fanciullino.
      Dori. E perchè, o sorella? Oh, dimmelo, se il sai.
      Teti. Essendo ella bellissima, Acrisio suo padre per serbarla vergine la chiuse in una stanza di bronzo.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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