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      Caspita, o quanti, e diversi! tutti piangono, salvo questi fanciulletti che non parlano. Ma anche i vecchi si lamentano. Oh, che è cotesto? che incantesimo ha per essi la vita? Voglio dimandar questo vecchione. Perchè piangi tu che sei morto di tant’anni? Che ti dispiace di aver lasciato, essendo sì vecchio? Forse eri re?
      Un povero. No.
      Diogene. Eri satrapo?
      Povero. Neppure.
      Diogene. Certo eri un ricco, e ti duole d’esser morto lasciando agi e morbidezze?
      Povero. Niente di questo. Avevo circa novant’anni, sostentavo una misera vita con l’amo e la canna, ero poverissimo, senza figliuoli, e zoppo, e poco ci vedeva.
      Diogene. E con tutto questo volevi vivere ancora?
      Povero. Sì: bella era la luce: la morte è terribile ed abborrita.
      Diogene. O vecchio, tu sei impazzato e rinfantocciato presso alla morte, eppure hai gli anni di Caronte. E che si dovrà dire dei giovani, quando aman tanto la vita costoro che pur dovrebbero cercar la morte come unico rimedio ai mali della vecchiaia? Ma andiamocene, affinchè alcuno non sospetti che vogliamo fuggire, vedendoci così vicino all’entrata.
     
     
      28.
      Menippo e Tiresia.
     
      Menippo. O Tiresia, se tu se’ cieco ancora non si può conoscere più, perchè tutti egualmente abbiamo le occhiaie vuote, e non si potria dire chi è Fineo e chi Linceo. Ma mi ricorda di aver udito dai poeti che tu eri indovino, e fosti d’ambo i sessi, e maschio e femmina. Or dimmi, per gli Dei, in quale vita provasti più piaceri, quando eri maschio, o quando eri femmina?
      Tiresia. Più quand’ero femmina, o Menippo, perchè avevo meno faccende.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





Caronte Tiresia Tiresia Fineo Linceo Menippo