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      Dipoi gli uomini rizzarono i templi, certo affinchè gli Dei non fossero senza casa e senza ricetto; e ne fecero fare le statue da Prassitele, da Policleto, da Fidia; i quali io non so dove li hanno veduti, che fanno Giove barbato, Apollo sempre garzone, Mercurio con un po’ di caluggine sul labbro, Nettuno con la chioma azzurra, Minerva con gli occhi cilestri. Intanto coloro che vanno nei templi non credono di vedere una statua fatta d’avorio d’India, e d’oro cavato dalle miniere di Tracia, ma proprio il figliuolo di Saturno e di Rea, da Fidia fatto discendere su la terra, e posto a guardia della solitudine di Pisa, e che protegge chi ogni cinque anni a caso gli fa un sacrifizio in Olimpia.
      Posti gli altari, stabilite le preghiere da farsi, e i vasi lustrali da adoperarsi, menano le vittime al sacrifizio; l’agricoltore il bue che arava, il pastore l’agnella, il capraio la capra; chi porta incenso, chi focaccia, e il povero si rende benigno il dio pure baciandogli la mano destra. I sacrificatori (ai quali ritorno),(68 coronata la vittima, e prima riguardatala bene se è perfetta, per non uccidere una bestia inutile, l’avvicinano all’ara, e innanzi a gli occhi del Dio scannano il povero animale che mesce lamentevoli muggiti ai suoni de’ flauti ed alle parole di buon augurio. Oh! chi non crederebbe che gli Dei hanno un gran piacere a veder questo spettacolo? L’editto vieta di entrare in sagro a chiunque non ha le mani pure, e il sacerdote non vi sta tutto sozzo di sangue, come il ciclope, trincia la carne, toglie i visceri, strappa il cuore, versa il sangue su l’ara, e compie ogni impurissimo uffizio?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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