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      Cloto. Oh, scellerato! quel figliuolo che desideravi tanto di lasciare dopo di te su la terra?
      Megapente. Una volta desideravo questo, ora penso al mio meglio.
      Cloto. Verrà con te anch’egli fra poco, ucciso dal novello re.
      Megapente. Almeno una cosa sola non mi negare, o Parca.
      Cloto. Quale?
      Megapente. Vorrei sapere dopo di me che cosa succederà.
      Cloto. Odilo, acciocchè più te ne dolga. Mida tuo servo si piglierà tua moglie, con la quale già trescava.
      Megapente. Lo scellerato, che io affrancai a preghiere di lei!
      Cloto. La tua figliuola sarà tra le concubine del novello tiranno: le immagini o le statue che che città ti ha rizzate, saranno rovesciate e derise da quanti le vedranno.
      Megapente. Dimmi, e nessuno de’ miei amici si sdegnerà per quest’insulti?
      Cloto. E chi t’era amico? e per qual cagione uno poteva esserti amico? Non sai che tutti coloro che t’adoravano e lodavano tutti i detti e i fatti tuoi, lo facevano per timore o per isperanza, amavano il potere e si accomodavano ai tempi?
      Megapente. Eppure nelle libazioni che facevano nei banchetti a gran voce mi pregavano ogni bene, ciascuno si offeriva di morire per me, e giuravano nel mio nome.
      Cloto. E ieri cenando in casa di uno di essi tu moristi. L’ultima tazza che ti fu pôrta a bere, quella ti mandò quaggiù.
      Megapente. Però vi sentivo un certo amarore: ma perchè mi fece questo?
      Cloto. Or vuoi saperne troppe: dovresti già essere in barca.
      Megapente. Una cosa mi tormenta assai, o Cloto, per la quale vorrei riveder la luce, foss’anche per un momento.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





Parca Cloto