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      Ma che acqua, e che lupini! I confetti, i pasticci, il vino odoroso t'hanno invogliato, e chiappato come luccio all'esca; e meritamente sei stato ferito in quella golaccia che ti ha tirato a questo. E subito eccoti il premio di questa ghiottornia: come una scimmia col collare al collo fai ridere gli altri, e tu ti credi di scialare, perchè hai fichisecchi assai da rodere: libertà poi, natali, compatriotti, compagni, tutto è ito, e neppur te ne resta memoria.
      E via, se vi fosse la sola vergogna, di libero parer servo, e non le fatiche che fanno proprio i servi. Vedi un po' se tu non sei comandato a bacchetta come un Tibio o un Dromone. Il sapere, pel cui amore si dice che t'ha preso, a lui importa poco: che ha che far l'asino con la lira? Sì, lo vedi come essi squagliano per la sapienza di Omero, per il nerbo di Demostene, per la magnificenza di Platone. Se a costoro togli dall'animo i pensieri dell'oro e dell'argento, non vi resta che superbia, mollezza, piaceri, lussuria, oltracotanza, ed ignoranza. E per queste cose non han bisogno di te: ma perchè tu hai una bella barba, un aspetto grave, e ti sta bene il mantello greco, e tutti sanno che sei un grammatico, o un retore, o un filosofo, gli pare bello di avere uno come te, tra quei che gli fanno largo e codazzo, perchè così parrà vago del sapere e della gentilezza greca: onde v'è paura che tu invece dei tuoi dotti ragionamenti hai appigionata la barba ed il mantello. Il tuo dovere adunque è di farti veder sempre a fianco a lui, e non lasciarlo giammai: ma la mattina levarti, presentarti al tuo ufficio, e non mancare.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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