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      Conosco sì qual male i’ son per fare,
      Ma povertà mi sforza la ragione.(104)
      Quei di Teognide, ancorchè non li dica io, chi non li sa? e quel consiglio di precipitarsi anche in un mar pieno di mostri, e dalla cima d’un aereo scoglio, se così può fuggirsi povertà?
      Queste pare sieno le difese che uno ci potrebbe trovare, delle quali nessuna è molto acconcia. Ma tu non temere, o amico mio, che io mi serva di alcune di queste: non mai Argo avrà tanta fame da dover seminare anche nel Cillarabi;(105) nè noi siamo così poveri di ragionevole difesa da dover cercare di cotali sotterfugi contro chi ne accusa. Considera bene che v’è grande differenza tra l’entrare a soldo in casa di un ricco, ed ivi servire, e sofferire tutto ciò che dice il mio libro, ed il trattare una parte delle faccende pubbliche, esercitare un pubblico uffizio, ed averci una provvisione dall’imperatore. Distingui l’una cosa dall’altra, poni ciascuna al luogo suo, ed osservando troverai che l’una è superiore all’altra di due ottave, come dicono i musici; e che tanto l’una vita è simile all’altra quanto il piombo all’argento, il rame all’oro, all’anemone la rosa, all’uomo la scimmia. E qui e lì v’è mercede, e si sta soggetto ad altri: ma v’è una differenza grande, che lì è servitù manifesta, e chi vi si mette non è molto diverso da uno schiavo venduto; ma coloro che maneggiano i pubblici affari, e procacciano di far pro alle città ed alle nazioni intere, non possono giustamente essere messi in un fascio con quelli, e biasimati solo perchè hanno una mercede.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





Teognide Argo Cillarabi