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      Licino. Dovria condurseli seco sul monte della virtù, per farli godere la felicità con lui, spregiando la ricchezza.
      Ermotimo. Io non ho tempo, o Licino, di cianciar teco di queste cose. Ora men vo dal maestro, per non giungere tardi.
      Licino. Non ti dar questa pena: oggi è vacanza: ti accerto io che puoi risparmiarti quest’altri passi.
      Ermotimo. E come?
      Licino. Ora non lo potresti vedere, se si dee credere al cartello appiccato su la porta, nel quale è scritto a lettere di speziale, oggi non si fa scuola. M’han detto che ieri avendo cenato in casa Eucrate, quel ricco che festeggiò la nascita della figliuola, ei si sbracciò a filosofare durante il banchetto, e venne alle brutte con Eutidemo il peripatetico, per le solite quistioni che sono tra stoici e peripatetici. Per le molte grida ebbe grande mal di capo, e sudò assai, essendo durata sino a mezza notte la cena. Ma forse anche ha bevuto più del convenevole pe’ brindisi che si sogliono fare, ed ha mangiato più che non può un vecchio. Onde tornato a casa ha vomitato ogni cosa, come m’han detto: poi avendo annoverati ad uno ad uno i pezzi di carne dati al servo che gli stava dietro durante la cena, e da lui segnati accuratamente, si è messo a dormire ed ha detto che non vuol ricevere nessuno. Questo l’ho udito dire dal suo servo Mida, che lo contava ad alcuni discepoli, i quali se ne sono tornati tutti.
      Ermotimo. E chi ha vinta la contesa, il maestro o Eutidemo? l’ha detto Mida?
      Licino. In prima, dice, la pugna fu pari, ma infine la vittoria fu vostra, e il vecchio vinse la puntaglia.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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