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      Onde si deve o credere a tutti, il che è cosa ridicolissima; o non credere a nessuno; e questo è il partito più sicuro, finchè non troveremo il vero promesso. Ma pognamo che io, quale mi sono ora, ignorante di chi dica il vero fra tanti, scegliessi voi altri, e mi abbandonassi a te che mi sei amico, ma conosci i soli stoici ed hai camminato per la sola via loro; e che un iddio facesse risuscitar Platone, Pitagora, Aristotele, e gli altri; questi ne vorrebbon ragione da me, mi menerebbero a un tribunale, mi accuserebbero d’averli ingiuriati, e direbbono: Per qual cagione, o galantuomo, e per consiglio di chi, hai anteposto Crisippo e Zenone, nati ieri o ieri l’altro, a noi che siamo molto più vecchi, e non ci hai conceduto parlare, e non ti sei affatto informato di ciò che noi abbiamo detto? — Se mi dicessero questo, che risponderei loro? Mi basterebbe allegare che mi son confidato nel mio amico Ermotimo? Essi mi risponderebbero: — Noi non conosciamo chi sia cotesto Ermotimo, nè egli conosce noi, onde tu non dovevi riprovarci tutti e condannarci in contumacia, affidandoti ad un uomo che in filosofia conosce una sola strada, e forse neppur bene. I leggifattori comandano ai giudici di non fare a cotesto modo, udire una parte sola, e non permettere all’altra di dire quel che crede in sua difesa; ma di ascoltare l’una e l’altra, affinchè bilanciando le ragioni, trovino più facilmente il vero ed il falso: e se non si fa così, la legge concede il diritto di appellare ad altro tribunale.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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