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      Insomma io dico che fintantochè non è chiaro quale setta in filosofia è la vera, non se ne debba scegliere nessuna: perchè questo è un far torto alle altre.
      Ermotimo. Deh, per Vesta, o Licino, lasciamo star Platone, Aristotele, Epicuro, e tutti gli altri, che io non sono da tener fronte a costoro. Noi due, tu ed io, discorriamo così tra noi se questa faccenda della filosofia è come io dico. Che bisognava far venire nel nostro discorso gli Etiopi, e fin da Siracusa la moglie di Gelone?
      Licino. Ebbene, se ne vadano subito se tu credi che sono soverchi nel nostro discorso. Parla tu ora che mi parevi di voler dire una gran cosa.
      Ermotimo. A me pare, o Licino, poter bene essere che uno ammaestrato nella sola dottrina degli stoici, conosca il vero da questa, ancorchè non vada imparando le dottrine degli altri. E vedi un po’: se uno ti dice che due e due fan quattro, hai tu bisogno di andar dimandando da tutti gli aritmetici se c’è chi dica che fan cinque, o sette; o pure vedi subito che ei dice il vero?
      Licino. Lo vedo subito, o Ermotimo.
      Ermotimo. Come mai adunque ti pare impossibile che uno scontratosi nei soli stoici, che dicono il vero, si persuada e li segua, senza aver bisogno di ascoltar gli altri, sapendo che quattro non saria mai cinque, neppure se lo dicessero mille Platoni e Pitagori?
      Licino. Non è il caso cotesto, o Ermotimo: e tu pigli il controverso pel conceduto, che sono ben diversi tra loro. Dici tu che non ti sei mai avvenuto in uno che afferma che due e due fanno sette, o undici.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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