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      Come toccammo l’acqua non so dire il piacere e l’allegrezza nostra, facemmo banchetto di ciò che avevamo, e ci gettammo a nuoto, chè era bonaccia, ed il mare come una tavola. Ma pare che spesso un mutamento in bene sia principio di maggiori mali: due soli giorni navigammo con buon tempo, al comparire del terzo dalla parte che spuntava il sole a un tratto vediamo un grandissimo numero di fiere diverse e di balene, ed una più grande di tutte lunga ben millecinquecento stadi venire a noi con la bocca spalancata, con larghissimo rimescolamento di mare innanzi a sè, e fra molta schiuma, mostrandoci denti più lunghi de’ priapi di Siria(27) acuti come spiedi, e bianchi come quelli d’elefante. Al vederla Siamo perduti dicemmo tutti quanti, ed abbracciati insieme aspettavamo: ed eccola avvicinarsi, e tirando a sè il fiato c’inghiottì con tutta la nave: ma non ebbe tempo di stritolarci, chè fra gl’intervalli dei denti la nave sdrucciolò giù.
      Come fummo dentro la balena, dapprima v’era buio, e non vedevamo niente: ma dipoi avendo essa aperta la bocca, vediamo un’immensa caverna larga ed alta per ogni verso, e capace d’una città di diecimila uomini. Stavano sparsi qua e là pesci minori, molti altri animali stritolati, ed alberi di navi, ed ancore, ed ossa umane, e balle di mercatanzie. Nel mezzo era una terra con colline, formatasi, come io credo, dal limo inghiottito: sovr’essa una selva con alberi d’ogni maniera, ed erbe ed ortaggi, e pareva coltivata; volgeva intorno un dugento quaranta stadii: e ci vedevamo ancora uccelli marini, come gabbiani ed alcioni, fare loro nidi su gli alberi.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Siria Siamo