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      I loro bagni sono edifizi grandi, tutti di vetro; vi bruciano cannella e invece di acqua nelle stufe è rugiada calda. Per le vesti usano ragnateli sottilissimi porporini. Non hanno corpi, sono impalpabili, e senza carne, non altro che figure ed idee; e quantunque incorporei pure stanno, si muovono, pensano, parlano: insomma pare che l’anima nuda vada intorno vestita d’una certa immagine di corpo: e se uno non li toccasse, non si convincerebbe che ciò che ei vede non è corpo: sono ombre, ma ritte in piè, e non son nere. Nessuno v’invecchia, ma in quell’età che ci viene rimane. Quindi non è nè notte nè giorno chiaro, ma un barlume simile all’albore mattutino prima che spunti il sole. Non conoscono stagioni, vi è sempre primavera, e vi spira un solo vento, il zefiro. Il paese produce tutti i fiori, tutti gli alberi domestici ed ombrosi: la vite getta dodici volte l’anno, fa il frutto ogni mese: il melogranato, il melo, e gli altri alberi fruttiferi portano tredici volte, come mi dissero; chè in un mese, chiamato di Minosse, fanno due volte il frutto. Invece di frumento le spighe in cima producono cialdoni belli e fatti, come fossero funghi. Fontane intorno alla città ce ne sono trecentosessantacinque di acqua, di mèle altrettante, di unguento cinquecento ma più piccole; sette fiumi di latte, ed otto di vino. Il banchetto si fa fuori la città nel campo detto Elisio: v’è un prato bellissimo, e intorno ad esso un bosco svariato, frondoso, di piacevole ombra a chi vi sta sdraiato, e sotto un tappeto di fiori.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Minosse Elisio