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      Ma dipoi armatici tutti quanti (chè non volevamo lasciare i compagni invendicati) piombiamo sopra i Bucefali che si spartivano le carni di quei poveri uccisi, li atterriamo, gl’inseguiamo, ne uccidiamo una ventina, e presine due vivi, ce ne torniamo coi prigioni, non avendo trovato vettovaglie affatto. I compagni consigliavano di scannare i catturati; ma io mi opposi, e li feci tenere legati e custoditi finchè vennero araldi dai Bucefali con la taglia per riscattarli, chè da certi segni e da flebili muggiti noi capimmo che essi ci pregavano di mercè. Il riscatto fu molti caci, pesci secchi, cipolle, e quattro cervi a tre piedi, i due di dietro, e quei d’avanti appiccati in uno. Così rendemmo i prigioni, e rimasti un sol giorno, partimmo.
      Già cominciavano a comparire pesci, ed uccelli che ci volavano intorno, ed altri segni che il continente era vicino. Poco dopo vedemmo uomini che navigavano in una nuova maniera; erano marinai e navi insieme; ed ora vi dico la maniera. Si mettono a giacere supini su l’acqua col coso ritto (e li hanno ben lunghi), al quale legano la vela, e con le mani tengono la scotta: il vento gonfia la vela, e navigano. Altri seduti sopra sugheri sferzavano due aggiogati delfini, che correndo tiravano i sugheri. Costoro non ci facevano alcun male, nè ci fuggivano, ma senza paura e quieti ci venivano vicino, facevano le maraviglie della nostra nave, e la riguardavano per ogni verso.
      Sul calar della sera approdammo ad un’isoletta abitata da femmine, come credemmo, che parlavano greco: esse ci vennero incontro, ci salutarono, ci abbracciarono; erano vestite ed abbigliate come cortigiane, tutte belle e giovani, e trascinanti lunghe vesti per terra.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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