Pagina (155/538)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il figliuol suo, che perì di mia mano, m’è servito anche morto, come strumento per uccidere un altro: vivo fu compagno delle ribalderie del padre; morto fece l’ultima che potè, divenne parricida. Quegli adunque che spense la tirannide son io, e la spada che tutto operò fu mia: solamente mutai l’ordine, e trovai nuovo modo di finir quei malvagi: il più forte, e che poteva far difesa, lo spensi io: il vecchio lasciai alla sola spada. Ed io che mi pensavo di averne maggior merito da voi, di ricevere per due morti due premi, come colui che vi ho liberati non pure dai mali presenti, ma dal timor dei futuri, e v’ho data salda libertà, non facendo rimanere erede della mala signoria, io intanto corro pericolo, dopo sì bel fatto, di non avere alcun premio da voi, di rimanere io solo senza compenso dalle leggi, che io salvai. Questo mio avversario adopera così non per amore del pubblico bene, come egli dice, ma perchè si addolora su gli uccisi, e vorria far vendetta di chi ne ha cagionato la morte.
      Ma permettete, o giudici, che io discorra alquanto con voi, benchè voi li sappiate, di tutti i mali della tirannide; chè così voi conoscerete la grandezza del mio benefizio, e più vi rallegrerete ripensando donde scampaste. Noi non sostenemmo, come già accadde ad altri, una sola tirannide, una sola servitù, nè sopportammo i capricci d’un solo padrone; ma tra quanti al mondo patirono tale sventura, noi avevam sul collo due tiranni, e da doppia maniera di oltraggi eravam straziati. Molto più moderato era il vecchio, e più placabile nell’ira, e più mite nei castighi, e più rimesso nei capricci, chè l’età ne ratteneva la foga, e ne frenava gli appetiti disordinati.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538